Beatrice e Nicita ci raccontano il Progetto Policoro

Data di pubblicazione: 30 Maggio 2024

Il Progetto Policoro è un progetto promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana che pone al centro della propria attenzione il tema della disoccupazione giovanile.

Per la nostra Diocesi, Beatrice e Nicita sono le referenti di questo progetto ed operano principalmente presso la Casa della Carità di Civitanova Marche e la Caritas di Fermo. 

L’intervista

“Sono Beatrice Ciavarella, ho 26 anni e vengo da Civitanova Marche. Sono animatrice del Progetto Policoro al terzo anno di mandato.”

“Io sono Nicita Pichilli e sono di Montegranaro. Ho 27 anni e il mio ruolo nel Progetto Policoro è quello di animatore di comunità. Sono al primo anno di mandato.”

 

Cos’è il Progetto Policoro?

Beatrice: “Il Progetto Policoro è un’iniziativa della chiesa italiana (CEI) che tenta di dare una risposta concreta al problema della disoccupazione in Italia, guardando con attenzione i giovani di disoccupati, i neet, i giovani che lavorano a nero e in condizione di sfruttamento fornendo loro gli strumenti per continuare a sperare e sognare in grande la loro vita.

L’ideatore del progetto è stato Don Mario Operti, sostenitore dell’idea che la chiesa dovesse stare dentro il problema della disoccupazione giovanile. Così nel 1995 invitò i direttori nazionali e quelli delle diocesi del sud dei tre uffici della pastorale sociale del lavoro, della carità e della pastorale giovanile a Policoro, città in provincia di Matera. E’ per questo che in ogni diocesi questo progetto viene sorretto da tre pastorali: la pastorale sociale del lavoro, la pastorale della carità e la pastorale giovanile. 

Il progetto promuove una nuova cultura del lavoro, accompagnando i giovani nella ricerca e nella realizzazione della propria vocazione lavorativa.”

 

Da quanto tempo siete nel progetto? 

Beatrice: “Da tre anni. Il Progetto Policoro forma un animatore di comunità che ha un mandato triennale. In questi anni gli animatori vengono formati alla luce della dottrina sociale della chiesa e dei temi dell’economia civile. L’animatore diviene compagno di strada di altri giovani del territorio in cui vive, incontrandoli nelle parrocchie, nelle scuole, nelle università, negli spazi associativi e sociali.

Nicita: “La mia esperienza invece è iniziata a gennaio di quest’anno.”

 

Quali sono le vostre mansioni?

Beatrice: “Il ruolo dell’animatore di comunità è di occuparsi dei giovani dai diciotto ai trent’anni i quali si rivolgono allo sportello per la ricerca di un lavoro. Il primo compito è quello di accogliere ed ascoltare i bisogni della persona, i sogni e le speranze riposte in ognuno di loro, ed insieme fare un percorso di ricerca attiva nel territorio. 

Nel primo colloquio conoscitivo si ascolta attentamente le esigenze, le necessità, le disponibilità e gli obiettivi del giovane che viene allo sportello attivo in due sedi Caritas: Fermo e Civitanova Marche. Si inizia un percorso due a due, si compila il curriculum vitae e si prosegue con il monitoraggio del loro percorso fino al raggiungimento dell’obiettivo prefissato. L’animatore quindi attiva un percorso di orientamento e un accompagnamento nella ricerca e nella realizzazione della propria vocazione. Non sostituisce mai la persona, ma la affianca nel percorso supportandola ed incoraggiandola.

L’animatore ha anche il compito di animare il territorio diocesano in cui vive, costruire e vivere le relazioni con i giovani che incontra nelle parrocchie, nelle varie realtà sociali e territoriali, nelle scuole, al fine di poter diffondere una nuova cultura del lavoro basata sui principi della dottrina sociale della chiesa. 

In questo mio ultimo anno di mandato, inoltre, accompagno la nuova animatrice di comunità Nicita attraverso un graduale inserimento nelle attività diocesane, e cerco di trasmetterle costantemente un bagaglio relazionale ed esperienziale acquisito negli anni precedenti.”

 

Nelle attività di progetto fate anche incontri nelle scuole. Cosa proponete ai ragazzi?

Beatrice: “In questi ultimi anni il Progetto Policoro ha svolto degli incontri nelle scuole superiori incontrando i ragazzi delle classi terze, quarte e quinte. Insieme a loro abbiamo fatto un percorso di orientamento al lavoro dove i principali temi affrontati sono stati: la creazione di un curriculum vitae, il bilancio delle competenze, saper cogliere nel proprio territorio opportunità lavorative e formative, l’accesso a bandi e politiche attive del lavoro, la creazione di un business plan ed abbiamo dato un supporto a coloro che intendono farsi promotori di iniziative di imprenditoria giovanile in un’ottica di sussidiarietà, solidarietà e legalità.

Inoltre quest’anno abbiamo fatto un percorso di orientamento al lavoro anche ai ragazzi del Servizio Civile, affrontando gli stessi argomenti e approfondendo anche il tema della contrattualistica del lavoro.”

 

 

Qual è la cosa che vi piace di più in questo lavoro?

Beatrice: “La cosa che maggiormente mi piace di questo lavoro potrebbe essere racchiusa in uno slogan: la tecnica da sola non basta, ma è essenziale credere in ciò che si fa.

Credo che l’animatore è uno strumento di Dio, chiamato a servire la comunità in cui vive e intrecciare la propria vita con la comunità. Immergersi pienamente nella comunità ed accompagnare i giovani, adottando lo stile relazionale, è un arricchimento inestimabile. È importante vivere la comunità e creare nuove trame, che possano dare speranza e fiducia ai giovani, tenendo a mente che l’arte del tessere è un equilibrio tra l’intrecciare e non stringere troppo.

La bellezza del progetto sta proprio nella creatività e nella passione dell’animatore, in modo da poter accompagnare i giovani a prendere in mano la loro vita ed appassionarsi al loro futuro.”

Nicita: “Per adesso, la cosa che mi piace di più di questo lavoro è proprio l'essere sempre in contatto con la gente, ascoltare le loro storie e aiutarli nel raggiungere i loro obbiettivi.”

 

Quali sono le ricadute sul piano professionale?

Beatrice: “Personalmente penso che, oltre all’orientamento che facciamo ai ragazzi che vengono allo sportello, anche noi giovani operatori, con il servizio che facciamo, riusciamo a capire davvero quale sia il nostro sogno. Dopo tre anni posso dire che oggi so realmente quale professione desidererei svolgere nella mia vita. Ho già pronto il progetto di studi che mi permetterà di intraprenderla.”

 

Consigliereste ai giovani di candidarsi per prendere parte al progetto? 

Beatrice: “Consiglio ai giovani di candidarsi al bando il Progetto Policoro perché è un’opportunità di crescita umana, personale e professionale. Non c’è cosa più bella di un giovane che aiuta un altro giovane a riscoprire se stesso, i talenti e la propria vocazione. Ogni volta che si incontra un ragazzo o una ragazza inevitabilmente anche noi animatori ci trasformiamo. Il progetto dona nuovi occhi all’Animatore, una consapevolezza maggiore del contesto sociale ed economico in cui si vive.”

Nicita: “Consiglierei questo progetto ai giovani, perché si possono mettere in gioco, ampliare le relazione inter regionali ed extra regionali e confrontarsi con differenti realtà.”