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Il quarto appuntamento del corso dell’Ufficio della Pastorale della salute si è intitolato:“Relazioni di prossimità alla ‘sera della vita’”. Ci si è voluto immergere in questo tema così attuale e pieno di domande con la conoscenza delle attività sul campo: gli Hospice. La prima relazione è quella della dott.ssa Barbara Esperide, psicologa e psicoterapeuta dell’Area Vasta 4 Ospedale Civile di Fermo e dell’Hospice di Montegranaro. La dottoressa spiega subito che l’Hospice offre un servizio di assistenza per il malato nella fase finale della malattia, che spesso viene trattato con delle cure palliative. Il termine “palliativo” deriva da “Pallio”, ovvero mantello, ed è un termine ripreso dalla storia di S. Martino, che dona il suo mantello al mendicante povero e infreddolito. Lo scopo di queste cure è quella di garantire una fine dignitosa e più serena possibile. Oltre agli operatori sanitari e agli psicologi, in questa attività è fondamentale la figura del volontario, che si integra completamente con l’equipe dell’Hospice e dona vicinanza e amore al malato. L’intervento della dottoressa è rivolto in particolare a queste figure, che devono conoscere due parole fondamentali: “relazione” e “aiuto”. Per spiegare in modo chiaro il significato di questi due termini, la dottoressa offre una lezione di storia della medicina e in particolare si sofferma sul passaggio dal “to cure” al “to care”, dal curare al prendersi cura. Da questo passaggio nasce un nuovo approccio biologico sociale e psicologico della malattia. La relazione di aiuto consiste nel rapporto tra due persone che si incontrano; una vive una condizione di bisogno e sofferenza, l’altra non è direttamente coinvolta sul piano emotivo e personale con la prima persona, ma è disposta a un’interazione empatica di aiuto. Quello che fa il volontario è sedersi accanto a questa persona, senza sentirsi in una posizione di superiorità. Inoltre, è molto importante che la persona che aiuta possieda empatia ma anche competenze tecniche utili ad affrontare il problema. L’operatore prima di prendersi cura dell’altro deve fare attenzione a ciò che sente dentro di sé: se non si è in pace con sé stessi non si può aiutare. Le tre caratteristiche fondamentali per l’operatore impegnato nell’hospice sono: empatia (comprensione dell’altro), considerazione positiva (interesse vivo verso il paziente), accettazione incondizionata (atteggiamento verso il paziente privo di qualsiasi giudizio). L’operatore si trova in difficoltà soprattutto nell’affrontare il silenzio del paziente, ovvero quando il malato si chiude e non parla. In questa situazione, l’operatore deve rispettare le pause del paziente e cercare di rompere il silenzio in maniera delicata e rispettosa. Bisogna ricordare che l’operatore-volontario è chiamato ad offrire sostegno anche ai familiari, che hanno bisogno di essere supportati in questo percorso del malato. Nella seconda parte dell’incontro, l’Associazione “L’Abbraccio” racconta la sua esperienza all’Hospice “La farfalla” di Montegranaro. L’associazione nasce nel 2012 e prima del Covid era composta da più di 100 persone, tra soci e volontari. La mission dell’associazione è sintetizzata nella frase “compagni di viaggio anche quando la strada è difficile”. I volontari sono formati da una psicologa, che ha anche il compito di valutare le domande di coinvolgimento da parte di nuovi volontari. Luciano, volontario dell’associazione, racconta: “Io sono entrato in associazione proprio all’inizio dell’attività e sin da subito ci siamo messi a cercare più partecipanti possibili al corso di formazione per volontari. Anche io ho seguito il corso ed è stato per me fondamentale per una crescita personale, non solo per diventare volontario”. Luciano racconta anche delle “curiosità” sull’Hospice, che prevede la presenza di operatori Shatzu e di esperti di musicoterapia, oltre al servizio di Pet Therapy. Nelle stanze dell’Hospice è possibile ospitare un familiare che può rimanere h24 accanto al malato. L’associazione svolge anche un ruolo “educativo e culturale” su un tema, ancora poco conosciuto. Ha favorito infatti la pubblicazione di due libri. Il primo racconta la storia di una paziente particolare con un grave handicap, ma con una profonda voglia di raccontarsi e ha deciso di lasciare in questo libro una testimonianza della sua vita. Il second, invece, raccoglie le esperienze di 37 volontari all’Hospice. Il momento più toccante della testimonianza si è raggiunto con la visione del video “Controvento” e con la lettura di una delle esperienze dei volontari. Per tutti i partecipanti all’incontro, è impossibile rimanere indifferenti davanti alla sensibilità dei volontari che si trovano a stretto contatto con la morte, ed è spontaneo riconoscere l’importanza del loro impegno o e della loro incredibile empatia, allegria e forza. Anche don Sebastiano sottolinea l’importanza dell’attività dell’associazione e durante il suo intervento di chiusura ricorda ai partecipanti che il prossimo appuntamento con la Pastorale della Salute sarà il 4 dicembre con il convegno diocesano intitolato “Sguardi sul fine-vita: etiche e medicina in dialogo”. Il convegno, a cui siamo tutti invitati, si terrà dalle 10 alle 12.30 all’Auditorium don Armando Marziali di Villa Nazareth a Fermo.
Si è svolta la study visit da parte degli operatori e volontari della Caritas Diocesana di Fermo e della cooperativa sociale Tarassaco alla Caritas di Firenze per conoscere ed approfondire le attività e le progettazioni avviate dalla Fondazione Solidarietà Caritas onlus di Firenze. Il progetto ha posto particolare attenzione a seguenti servizi: – accoglienza residenziale per persone le persone sottoposte a misure alternative al carcere – sportelli informativi e di orientamento – tutoraggio e servizi educativi per favorire il percorso di re-inserimento sociale e lavorativo generativo, che supera l’assistenzialismo. La visita sul campo ha permesso di conoscere sia le attività, sia il contesto operativo. Un’esperienza molto importante per rafforzare le competenze e riflettere anche su nuove progettualità per consentire alle persone più svantaggiate di raggiungere l’autosufficienza e ri-costruire la propria vita. L’iniziativa rientra nelle delle attività del progetto OLTRE LA PENA, finanziato da Caritas Italiana attraverso i fondi 8xmille. Per l’equipe della Caritas Diocesana di Fermo è stata un’opportunità in cui si è avuto modo di approfondire questioni specifiche che riguardano un tema complesso e delicato. La Caritas Diocesana è fortemente impegnata nei percorsi di messa alla prova e nei lavori di Pubblica Utilità e collabora ormai da anni con il Tribunale di Fermo, il Tribunale di Macerata, l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Macerata ed il Carcere di Fermo. Grazie alla formazione e alla scambio di esperienze che la Caritas Italiana e la rete sul territorio può assicurare, continuerà questo impegno, anche con il ruolo di animazione territoriale e di sensibilizzazione in particolare verso i giovani, in un contesto di grandi cambiamenti che vede un forte aumento dei reati e dei procedimenti penali. Per info: Segreteria Caritas Diocesana di Fermo – info@caritasdiocesifermo.it – www.caritasdiocesifermo.it